CRITICA |
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dal "Corriere della Valtellina" Settimanale della Democrazia Cristiana - 29 marzo 1975
CRONACHE TIRANESI Antamati, Maranta, Cenini I GLORIOSI "FONDACI"TIRANESI di Giancarlo Berandi*
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La definizione di fondaci
per quelle piccole botteghe che, in parte, fanno ancora corona al Santuario
della Madonna di Tirano, si riallaccia alla storia valtellinese del Seicento
quando Tirano, punto nodale sulla via dell’Engadina e del Tirolo, esercitava
una notevole influenza sull’intera valle. Di questo antico prestigio sono
rimasti oggi, a testimonianza, i fondaci (ricordo
dei legami correnti con Una tradizione a cui sono legati i nomi di Antamati per il rame, Cenini per il ferro battuto e Maranta per i preziosi lavori lignei. Tre autentici maestri che con il loro lavoro hanno onorato, ed onorano, Tirano e la nostra Valle.
Antamati:
un bulino da leggenda
Da tempo il portone della bottega di Renzo Antamati è chiuso. Ha cessato la sua attività costrettovi altre che dall' età, è nato nel 1900, anche da un forte indebolimento della vista. Eppure, non è raro, passando davanti alla sua casa, sentire il rumore di un martello che, percuotendo un bulino, traccia figure sul rame. La passione, la dote prima di un vero artigiano, lo richiama ancora tra le pareti della sua bottega, dove un giorno il lavoro ferveva senza conoscere soste. Ora, sotto il grande soffitto vuoto e tra le nudi pareti, i colpi del martello hanno una risonanza particolare, si direbbe l'eco di quelli di giorni lontani. Forse, anche per questo, mastro Renzo di tanto in tanto, sfuggendo all'attenzione dei familiari, vi ritorna. E sotto le sue sapienti mani prendono vita opere di piccole dimensioni ma di sicuro pregio, in cui riversa l'esperienza e la poesia dei suoi anni maturi.
Antamati è già un personaggio, poiché alcune sue opere - tra le quali ricordiamo «La pesca miracolosa» e «L'Apparizione» - sono ampiamente trattate in alcune prestigiose pubblicazioni e il suo nome ha trovato una adeguata collocazione nella nostra storia. Nato a Tirano, da una famiglia di tradizione artigiana, dopo aver frequentato le scuole locali è costretto a cercare, ancora giovane, al di fuori della valle un lavoro e lo trova presso una ferriera di Bellano dove resterà sino alla chiamata alle armi.
Nel 1921, libero da ogni impegno, ritorna a Tirano e, concretando quello che è sempre stato il suo più vivo desiderio, apre la «sua bottega»; continua però a studiare il disegno, affinandosi nella rappresentazione delle forme, delle proporzioni e delle prospettive. E da quella bottega escono quei capolavori che gli daranno una meritata fama e si forma un gruppo di apprendisti che, oggi, anche in terra svizzera, fa onore all'antico maestro. C'è però un riconoscimento che rende particolarmente fiero mastro Renzo, quello che Manzù ebbe a fargli, a Brera, davanti agli studenti. Stringendogli la mano, davanti a tutti, lo scultore disse: «Osservate ed ammirate: è il lavoro di un autodidatta, di un artigiano» (...) *Giancarlo Berandi, giornalista, direttore responsabile de "Il Tiranese", trimestrale di informazione, arte e storia della Cultura Retica ed Alpina
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