CRITICA

 

da "La Martinella" di Milano  - Rassegna di vita italiana - Periodico mensile illustrato – vol. XVII – Fasc. VII VIII – Milano, luglio-agosto 1963- Itinerari Lombardi - pag 367

 

 RENZO ANTAMATI, Maestro d' Arte in Tirano

 

Nota di Renzo Sertoli Salis*

 

(...) Fra coloro - e non sono pochi - che periodicamente attraversano la Valtellina per recarsi a Bormio e di qui in Val Venosta oppure, deviando ancor prima, a Madonna, per raggiungere Saint Moritz e l'Engadina - e ciò massimamente nella stagione estiva, i valichi dello Stelvio e del Bernina (salvo la ferrovia di quest’ultimo) essendo sbarrati durante l'inverno - non manca certamente chi una tale sosta da «Mastro Renzo» compie con sempre rinnovato interesse e diletto, per rifornirsi d'un oggetto, acquistare un ricordo per una persona cara, far adornare e ammoder­nare una suppellettile d'uso: in ogni caso sapendo di non errare di gusto nella scelta e di compiere un buon affare.

 

Siamo qui, in presenza di questo mio omonimo concittadino, già «biondo e di gentile aspetto» ed ora un po' brizzolato come chi scrive ed ahimè con qualche incipiente acciacco, ai confini dell'artigianato con l'arte, dove cioè, per dirla più schiettamente, l'artigianato diventa arte.

Renzo Antamati al lavoro

Sono oggetti soprattutto di rame sbalzato al martello oppure cesellato o bulinato: vasi, piatti, anfore, portaombrelli, arnesi di cucina, soprammobili di vario genere, e poi di peltro, più minuti questi e da salotto, trattati alla maniera antica ed opachi oppure modernamente lucidati così da sembrare di primo acchito d'argento, e poi ancora d'ottone, ovviamente di maggior pondo, per quanto meno suscettibili di estro nell'ornamentazione.

C'è in Antamati, primo mastro d'opera, contornato, come gli artigiani e gli artisti del Rinascimento, dai giovani di bottega e confortato da la presenza della gentile consorte, un ritorno a una tradizione non solo italiana, ma più specificamente retica o almeno dei confini della Rezia, come quella dei maestri comacini e dei campionesi, che fino agli inizi dell’età moderna inondarono specialmente la Lombardia e l'alta Italia di tante opere architettoniche e scultoree. E doppiamente mastro Renzo si aggancia alla bella tradizione della sua terra: perchè da un lato dà spicco alla sua cittadina diffondendone il nome e il ricordo fra quanti hanno l'accorgimento di provvedersi alla sua bottega e, dall'altro, perchè perpetua in alcune sue opere, ormai fissate in questo o quell'edificio tiranese, non soltanto il suo nome ma alcuni salienti episodi della storia del borgo,

 

La quale - come tutti sanno coloro che un poco masticano o hanno masticato delle vicende locali - s'incentra soprattutto su due avvenimenti, l'uno schiettamente mistico-religioso come l'apparizione della Vergine al Beato Mario Omodeo nel lontano 1534 che diede inizio alla veneranda edificazione del Santuario, l'altro politico-religioso come l'insurrezione dei Valtellinesi contro i riformati Grigioni, che allora dominavano la Valtellina, nel luglio del 1620, culminata nella vittoriosa battaglia contro gli Svizzeri, detta appunto di Tirano, del settembre successivo.

 

Nello stesso spiazzo retrostante alla basilica, dunque, il turista potrà veder riprodotta la miracolosa apparizione in un cuprico pannello dell'Antamati posto sull'ingresso della casa dei Servi di Maria, custodi del Santuario, mentre altri episodi della «Madonna» gli appariranno in un rilievo affidato alla porticina d'accesso esterno del campanile.

 

La storia provinciale d'Italia, anche in Lombardia, è soprattutto storia religiosa, e la tradizione politica, nonostante i molteplici fermenti dissociativi, piuttosto guelfa che ghibellina: non si sorprenda perciò il visitatore che da Madonna si rechi alla scoperta del vecchio borgo tiranese entro l'ormai fatiscente cinta delle mura di Ludovico il Moro, se sul sagrato della chiesa, proprio di fronte al San Martino da poco ripulito e agghindato, vedrà, quasi sull'angolo della casa parrocchiale, un altro pannello di mastro Renzo: è anch'esso di rame sbalzato, ma così riempito com'è ed abbrunito, somiglia piuttosto a un bassorilievo di bronzo. Esso rappresenta degnamente la “pesca miracolosa” del Vangelo, ma un particolare vorrei qui richiamare, a un tempo colto e gentile, al passeggero necessariamente ignaro: che il pescatore in basso a destra della composizione, nell'atto di tirare le reti, è l’autoritratto del 'Antamati. Particolare colto e gentile - dicevo ­alla maniera dei nostri artisti rinascimentali, i quali non per albagia o per presunzione firmavano spesso a cotesto modo, ma per dare certezza storica e riferimento critico ai posteri.

Del resto, che Renzo Antamati sia un appassionato amante della sua Tirano risulta anche dal soggetto di alcune fra le più importanti delle sue opere, dallo stesso fervore de le sue ricerche d'arte e di storia locale, dai suoi libri, dai suoi disegni, da qualche distacco di affreschi.

 

Sempre presente, per anni. alla Mostra Fiorentina dell'artigianato, oltre che per motivi commerciali, per desiderio continuo di aggiornamento estetico nonché insegnante in una scuola professionale di Sondrio, egli è fondamentalmente artista della sua terra, i cui motivi o storici o paesaggistici fanno qua e là capolino magari nel particolare d'un'opera; e già ho ricordato altrove come alcuni anni or sono - e in tutt'altro campo di quello della sua arte - in una sfilata allegorica e folcloristica del Settembre Valtellinese egli allestisse un carro riproducente la figura del «prode Anselmo» ossia di una creatura giocosa della Musa minore di Giovanni Visconti Venosta, protagonista, l'Anselmo, della nota «Partenza del Crociato».

Infatti, chi ancora non lo sapesse, la scherzosa filastrocca poetica di don «Gino» Visconti vide i natali proprio a Tirano, nel 1856, durante una sosta del letterato che, insieme col fratello Emilio, lo statista, vi possedeva una casa avita, oggi asilo di fanciulli abbandonati.

Così la figura di Renzo Antamati, sagace cesellatore di metalli, mite e sorridente sulla soglia della sua officina d'arte, si inserisce, in un arco ideale, fra gli antichi maestri del Comasco da un lato e gli artisti contemporanei della valle aduana dall'altro, pittori e scultori, non molti di numero, ma eccellenti per valore, nessuno dei quali fin qui traviato dal prurito spesso aberrante del non figurativo, grazie alla sana tradizione e al robusto buon senso della gente della montagna. 

* Renzo Sertoli Salis, già docente di Diritto nell'Università Statale di Milano e alla Bocconi, membro di alcune accademie di scienze e lettere italiane, presidente emerito della Società Storica Valtellinese, autore di una produzione scientifica e letteraria che spazia dal diritto alla politica internazionale, dalla bibliografia alla filologia, dalla poesia epigrammatica alla storia.