CRITICA

 

da "SIPARIETTO VALTELLINESE" di Renzo Sertoli Salis*

Libreria Bissoni Editrice  - Sondrio, agosto 1972

OFFICINA TIRANESE

 

 

A Tirano, nell'alta Valtellina, il passeggero si ferma oggi per far rifornimento di benzina o per divorare un pasto fra un treno e un'autocorriera; ieri invece, forse più provveduto e certamente meno nevrotico, aveva modo di concedersi un breve itinerario sentimentale che aveva per tappa d'obbligo il Santuario della Vergine, più comunemente detto «La Madonna», e cioè il più cospicuo monumento dell'arte rinascimentale in Valtellina. E dal Santuario, talvolta informato da qualche amico, il turista, scendendo lungo il bel viale fiancheggiato dai pioppi! che il pittore tiranese Luigi Bracchi più volte dipinse, faceva sosta anche alla bottega artigiana, che ora non è più, di Renzo Antamati.

 

Un angolo della "bottega"

« Mastro Paragon Coppella orafo del Vittoriale »: chi non ricorda l'appellativo del D'Annunzio per il suo collaboratore? Ma Renzo Antamati, maestro d'arte in Tirano, non poteva non rammentare nella sua qualifica magistrale gli immortali maestri del Lario e del Ceresio. Il bel Cecè: così lo chiamavano gli amici quando, giovane e biondo e di gentile aspetto, soleva frequentare le sale da ballo del natio borgo più o meno «selvaggio». Poi il matrimonio, la famiglia e soprattutto la bottega d'arte, la bottega cioè dove l'artigianato diventa arte.

 

Erano e sono, codesti oggetti che sulla scia dell'Antamati tanti altri artigiani si son poi dati a creare in Valle, di rame sbalzato al martello oppure cesellato o bulinato: vasi, piatti, anfore, portaombrelli, arnesi di cucina, soprammobili di vario genere, e poi di peltro, più minuti questi e da salotto, trattati alla maniera antica ed opachi, oppure modernamente lucidati cosi da sembrare di primo acchito d'argento; e poi ancora d'ottone, ovviamente di maggior pondo, per quanto meno suscettibili d'estro nell'ornamentazione.

 

Nel solco, che s'è detto, dei Comacini e dei Campionesi, è sulla tradizione retica al di qua e al di là delle Alpi che s'è innestata l'arte artigiana dell'Antamati, da un Iato col dare spicco alla sua Tirano e dall'altra col fissare in questo o quell’edificio tiranese alcuni salienti episodi della storia del borgo. Così quando si compilerà una guida turistica di Tirano converrà ricordare il cuprico pannello posto sull'ingresso della casa dei Servi di Maria, custodi del Santuario e riproducente l'apparizione della Madonna al Beato Mario Omodei nell'anno di grazia 1504, oppure altri episodi mariani affidati a un rilievo sulla porticina d'accesso esterno del campanile.

 

"La pesca miracolosa"

Pannello di destra

 

La storia provinciale d'Italia, anche in Lombardia, è soprattutto storia religiosa e la tradizione politica, nonostante i molteplici fermenti dissociativi, piuttosto guelfa che ghibellina. Non si sorprenda perciò il visitatore di Tirano se recandosi alla scoperta del vecchio borgo entro l'ormai fatiscente cinta delle mura di Ludovico il Moro, scorgerà sul sagrato della Parrocchiale, proprio di fronte alla chiesa e quasi all'angolo della casa prevostale, un altro pannello di Renzo: è anch'esso di rame sbalzato, ma cosi riempito e abbrunito da somigliare piuttosto a un pannello di bronzo.

 

 Esso rappresenta degnamente la Pesca Miracolosa dei Vangeli, ma un particolare vorrei qui richiamare, a un tempo colto e gentile e cioè che il pescatore in basso a destra della composizione (nel particolare a lato, in basso a sinistra - ndr), nell'atto di tirare le reti, è l'autoritratto dell' Antamati. Particolare colto e gentile alla maniera dei nostri artisti rinascimentali, i quali non per albagia o per presunzione firmavano spesso in codesto modo, ma per dar certezza storica e riferimento critico ai posteri.

Non so se anche l'artigianato - sulla scia di quella scultura contemporanea che, soprattutto lavorando il ferro e la plastica, s'è inserita nell'orbita del non figurativo - stia per abbandonare l'oggettivo e il reale. Certo è che i lavori di mastro Remo sono lì a ricordarci un'abilità tecnica e un'onestà estetica ed espressiva che è propria della sana tradizione e del robusto buon senso delle genti di montagna.

 

*Renzo Sertoli Salis, già docente di Diritto nell'Università Statale di Milano e alla Bocconi, membro di alcune accademie di scienze e lettere italiane, presidente emerito della Società Storica Valtellinese, autore di una produzione scientifica e letteraria che spazia dal diritto alla politica internazionale, dalla bibliografia alla filologia, dalla poesia epigrammatica alla storia